"Chi sono i protagonisti della tutela del credito? E' radicata tra gli operatori l'erronea convinzione che il giudice dell'esecuzione sia il perno della procedura. In realtà fin dalla prima miniriforma del 2005 è stata fatta una ben precisa scelta verso l'esternalizzazione della gestione delle procedure di espropriazione immobiliare, accentuata ancor più oggi, che le linee guida per le esecuzioni immobiliari del CSM hanno sottolineato l'importanza della nomina anticipata del custode giudiziario, vero organo di gestione della procedura e titolare di scelte autonome, se è vero che è a lui (e non al delegato o al giudice dell'esecuzione) che, alla fine di tutto, si chiede di rendere il conto.
Ciò avrebbe dovuto indurre i giudici dell'esecuzione ad una sorta di self restraint, a limitare il proprio compito al controllo di legittimità e di non palese irragionevolezza delle scelte operate dagli ausiliari (segnatamente l'esperto e il custode), in sinergia o, quanto meno, non in antitesi, con i portatori degli interessi coinvolti, ovvero i soggetti del rapporto controverso, creditore e debitore, in modo non dissimile da quanto accaduto in materia concorsuale. Per gestire una procedura esecutiva non basta infatti la conoscenza delle regole, della procedura civile e delle altre norme implicate nella materia. Per vendere servono competenze di tipo economico e commerciale, che non rientrano certo nel bagaglio culturale dei giudici e dei delegati, formati alla cultura delle regole..
(Giulio Borella)
Pagine: 256 a colori
Dimensione: 15 x 21 cm
Edizione: Giugno 2020
Codice ISBN: 978-88-904764-9-5
"...Perché un'ordinanza di vendita diventi, come si suol dire, un vero programma di liquidazione, occorre dunque che in essa entrino le riflessioni e le proposte di tipo economico-commerciale formulate dagli ausiliari e dai titolari del rapporto.
La realtà, come è noto, è andata in modo
differente, con risultati non sempre entusiasmanti. Per ripartire e svoltare veramente è necessario recuperare il senso della miniriforma del 2005 e restituire ai vari soggetti che operano nell'ambito della procedura i rispettivi compiti e le rispettive responsabilità, binomio inscindibile, liberando i giudici dal ruolo di supplenza paternalistica fino ad ora svolto."
(Giulio Borella)
Chi non conosce le sembianze con cui è più comunemente raffigurata la Giustizia?
Una dea dagli occhi bendati, simbolo di imparzialità, che in una mano regge una bilancia a due piatti, simbolo di equilibrio e temperanza, e nell’altra una spada, simbolo di forza.
Più precisamente, la spada rimanda alla forza, ch’essa – la Giustizia – può esercitare, per portare ad effetto le proprie decisioni.
L’esecuzione forzata non è quindi uno spazio estraneo al mondo della giustizia; al cittadino non basta sapere di avere ragione in una controversia, ma si rivolge al giudice, perché ritiene di aver subito un torto e chiede di esserne tenuto indenne (c.d. interessi oppositivi), oppure ritiene di dover conseguire un bene che gli spetta e rispetto al quale altro soggetto si rifiuta di cooperare o frappone ostacoli (c.d. interessi pretensivi).
Nell’uno, come nell’altro caso, insomma, alla base di ogni ricorso al giudice, c’è la volontà di conseguire un bene della vita, ciò che il codice di procedura civile esprime all’art. 100, quando afferma che “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”; un interesse concreto e attuale e non meramente astratto e teorico.
Tutti sanno (o dovrebbero sapere) cos’è una due diligence immobiliare.
Si tratta di quegli accertamenti sullo stato di fatto e di diritto di un immobile, che è necessario condurre, sia per poter effettuare una adeguata valutazione, sia per rendere edotto l’acquirente delle esatte caratteristiche del bene che andrà ad acquistare.
La loro effettuazione pare oggi un dato scontato e acquisito, ma per lungo tempo non è stato così, essendo ciò frutto di prassi virtuose, sorte dall’iniziativa della magistratura più illuminata, prima che il legislatore si facesse convinto della loro importanza e le rendesse obbligatorie.
Ma cosa sono le due diligences, come e perché sono nate, perché sono diventate così importanti per il buon andamento delle procedure esecutive?
Per capirlo è necessario tornare per un attimo alla fine degli anni novanta del secolo scorso, essendo in quel periodo che si sono gettate le basi di quel lungo e, sicuramente, ancora non completamente esaurito processo di trasformazione della disciplina e della gestione delle procedure esecutive e, in particolare, dell’espropriazione immobiliare.
Prima infatti che una magistratura d’avanguardia desse vita all’epopea delle prassi virtuose, le due diligences, che oggi sono demandate all’esperto, si esaurivano nel deposito della documentazione ipocatastale da parte del creditore procedente, mentre la stima veniva effettuata sulla base della capitalizzazione delle rendite catastali o del reddito dominicale degli immobili...
Si è detto che uno dei compiti dell’esperto, accanto a quello di far emergere la sicurezza dell’acquisto in asta (tramite le due diligences dell’art. 173 bis disp. att. c.p.c.), è quello di farne emergere altresì la convenienza, e ciò tramite una stima attendibile, frutto di una metodologia conforme alla miglior scienza ed esperienza, che dia evidenza dei risultati cui si è pervenuti.
La norma di riferimento, da questo punto di vista, è l’art. 568 c.p.c.
Ma, ci si potrebbe domandare, perché affannarsi tanto a stimare con precisione il valore dell’immobile? La sequenza degli esperimenti di vendita prima o poi non farà il suo prezzo? Non basta tenere le stime basse, così si vende prima?
E’ una provocazione, senza dubbio: basti ricordare, se non bastasse l’etica professionale, che l’art. 161 disp.att. c.p.c. impone all’esperto il giuramento di bene - e fedelmente - adempiere all’incarico, ove la parola bene contiene un chiaro rimando alla competenza che ci si attende dal professionista...
Questo capitolo potrebbe aprirsi con un simpatico esperimento.
Si potrebbe provare infatti a fare una rapida ricerca, in rete o in libreria o nei siti internet delle principali società di formazione, per verificare quanto spazio sia dedicato, nella convegnistica e nella manualistica nazionale, alla figura del custode nelle espropriazioni immobiliari.
Finita la ricerca?
Ecco i risultati: eventi formativi o editoriali dedicati ai delegati molti, anzi, moltissimi; eventi dedicati ai custodi nessuno (quei pochi esistenti trattano della custodia a margine e in seno a seminari, corsi o edizioni che vertono appunto intorno alla delega).
Strano (e preoccupante) per una procedura, quale quella di espropriazione immobiliare, che, nelle intenzioni della riforma del 2005/2006, doveva trovare proprio nella custodia il segreto del suo successo, il trait d’union tra la fase istruttoria e quelle successive, l’ingranaggio in grado di far girare tutto il meccanismo e, soprattutto, di fare da volano alle vendite.
Ancora oggi, nei manuali più autorevoli, si legge che, con quella riforma, il legislatore intese fare del custode un mini curatore e/o un mini agente immobiliare, ma cosa ciò effettivamente significhi, rimane avvolto nel mistero e nessuno si prende la briga di spiegarlo, perché raramente si è pensato e tentato di utilizzare concretamente i custodi come dei curatori o degli agenti immobiliari a tutti gli effetti.
Il tutto è sostanzialmente lasciato alla buona volontà degli ausiliari.
Vale solo la pena di ricordare come, per fare l’agente immobiliare, occorra superare un esame di abilitazione, con prove scritte e orali in materia di:
Per fare il curatore invece, in attesa dell’istituzione del tanto atteso albo, non sono (ancora) previsti esami, ma, scorrendo i programmi dei corsi di formazione, si nota come venga data una panoramica generale sulla legge fallimentare e sui compiti istituzionali del curatore, che, si suppone, abbia già una preparazione di base solida in ambito giuridico, aziendale e fiscale.
Certe volte, parlando dei creditori nelle esecuzioni, viene da pensare a quel famoso manifesto con cui, durante la prima guerra mondiale, uno Zio Sam con cilindro e barbetta bianca, puntando un dito ossuto sull’osservatore, richiamava i giovani americani alle armi contro gli imperi centrali, con le parole “I want you for U.S. Army”.
Dove sono finiti i creditori? Per rimanere nell’ambito della metafora, ben può dirsi che essi hanno disertato la chiamata, venendo meno alle proprie responsabilità e preferendo delegare la gestione della procedura ai giudici dell’esecuzione (salvo poi accodarsi ai troppo facili lamenti per i risultati poco soddisfacenti conseguiti; ma dov’erano, quando si decidevano le sorti delle procedure?).
E ciò nonostante, è bene ricordarlo, i soldi in ballo siano i loro. E non ci si riferisce solo a quelli relativi al credito da recuperare, ma anche a quelli messi sul piatto per lo stesso avvio e il funzionamento della procedura: fondi spese agli ausiliari, spese di giustizia, ecc.
E’ ben vero che, come spiega la giurisprudenza, il potere d’iniziativa e di impulso della procedura, quanto ai creditori, si esaurisce col deposito dell’istanza di vendita, ma deve sottolinearsi anche come, nell’ulteriore corso dell’esecuzione, ogni volta che vi siano delle scelte strategiche da compiere, la legge imponga di sentire i creditori (e il debitore).
Emblematica, da questo punto di vista, l’udienza ex art. 569 c.p.c., ove si decidono, sulla scorta delle informazioni contenute nella perizia e di quelle fornite dal custode, “i modi e i tempi della vendita”. Ma anche l’aggiudicazione, quando non integri un atto dovuto (il che accade quando il prezzo offerto sia pari o superiore al prezzo base), dovrebbe avvenire previa consultazione del ceto creditorio. E questo solo per citare i due casi più eclatanti.
E a questa dialettica tra i protagonisti dell’esecuzione, voluta dalla legge, occorre pure dare un senso.
L’efficiente organizzazione dell’attività di vendita e l’adozione di razionali criteri di divisione del lavoro tra i soggetti che vi partecipano (giudice, custode, esperto stimatore, delegato alla vendita, creditori e debitore), rappresentano variabili decisive per il raggiungimento dello scopo del processo per espropriazione forzata: massimizzare il rendimento della vendita dei beni del debitore entro un ragionevole orizzonte temporale per il conseguimento di prezzi per quanto possibile prossimi al loro valore di mercato (art. 568 c.p.c.). Là dove per «valore di mercato» di un determinato bene deve intendersi l’importo stimato al quale può concludersi lo scambio volontario «tra un venditore e un acquirente consenzienti alle normali condizioni di mercato dopo un’adeguata promozione commerciale, quando entrambe le parti abbiano agito con cognizione di causa, con prudenza e senza essere soggette a costrizioni».
Da un lato, infatti, va sempre più diffondendosi la consapevolezza che l’attività di vendita dei beni del debitore non può essere proficuamente inquadrata ed integralmente esaurita nei rigidi schemi dell’attività giurisdizionale ma deve essere concepita, al pari di quanto avviene per la vendita di qualsiasi altro bene o servizio, alla stregua di una vera e propria attività economica professionalmente organizzata (art. 2082 cod. civ.) e in particolare come un’attività intermediaria nella circolazione dei beni (art. 2195) che si svolge in concorrenza con altri operatori economici.
Dall’altro, è oramai un dato acquisito che l’attività di collocamento dei beni non può più essere abbandonata, come avveniva in passato e talora ancora avviene in alcuni Tribunali, all’incrocio fortuito tra l’offerta formulata dal giudice dell’esecuzione e la domanda asfittica di pochi speculatori professionali o della ristretta cerchia di familiari e amici che hanno avuto notizia della vendita, ma deve svolgersi secondo accettabili standard di mercato, sulla base di una adeguata conoscenza dei beni e nelle forme della contrattazione competitiva.
Il settore delle esecuzioni immobiliari è il comparto della Giustizia Civile che ha avuto il percorso evolutivo più significativo nell’ultimo quinquennio.
Dalla posizione negletta di procedura minore, a seguito dell’esplosione del fenomeno dei crediti non performing, le esecuzioni immobiliari hanno subito importanti trasformazioni, sia di tipo normativo, che di natura tecnologica. Contestualmente si è registrata l’esplosione dei procedimenti che, nell’ultimo quadriennio, sono stati sempre superiori ai 220.000 annui.
Si tratta di un fenomeno di grandissima importanza perché è direttamente correlato a quello dei NPL.
Per la maggior parte dei casi questi crediti deteriorati hanno un sottostante immobiliare la cui vendita determina la prima e più importante possibilità di recupero del credito.
La crisi che ha investito il sistema bancario italiano, negli ultimi anni, ha evidenziato i numeri di riferimento sistemici, che sono di assoluta rilevanza: