All’attualità è frequente constatare quanto la banca dati delle quotazioni OMI sia la fonte più citata e quella che maggiormente consulenti d’ufficio e di parte ed esperti del giudice prendono a riferimento o a supporto delle loro indagini di mercato per giungere all’espressione dei loro giudizi di stima.

Ma non sempre l’utilizzo che ne viene fatto risulta corretto: infatti, considerata la nota difficoltà a reperire prezzi di compravendita, può succedere a volte che alcuni periti cedano alla tentazione di determinare il valore di mercato di un immobile attra-verso la scorciatoia offerta dall’esclusivo riferimento al valore unitario “medio” dell’intervallo di quotazioni OMI pubblicate all’epoca della stima e relative alla zona di ubicazione e al segmento immobiliare dell’oggetto di stima, in quanto considerato valore medio di mercato.

Si perviene così, in via estremamente speditiva, al giudizio di stima attraverso la semplice moltiplicazione di tale valore per la superficie commerciale, soluzione verso la quale ci si orienta soprattutto se l’immobile è ubicato in un ambito territoriale nel quale scarseggiano altri dati di mercato riferiti al segmento immobiliare in esame, ritenendo di attribuire fondamento al valore determi-nato solo perché basato sulla citazione di una fonte istituzionalmente riconosciuta.

Da quanto detto sulla natura del dato OMI, è evidente come una tale scelta sia da considerare inappropriata: infatti, la quotazione media non rappresenta affatto un valore medio di mercato di zona, ma semplicemente il valore centrale dell’intervallo di confidenza determinato.

Questa tendenza sembrerebbe non trascurabile, tanto che ad esempio in ambito bancario, nelle disposizioni di vigilanza per le banche e per gli intermediari finanziari sul credito immobiliare ai consumatori dettate da Banca d’Italia (Circolari n. 285/2013 e n. 288/2015 che recepiscono la direttiva 2014/17/UE) nelle quali venivano richiamate le quotazioni OMI, si è dovuti intervenire per non creare fraintendimenti.

In particolare, per scongiurare il pericolo di utilizzare i valori OMI in modo improprio nelle valutazioni immobiliari, si è reso necessario l’aggiornamento delle Circolari sopra citate per l’attuazione dell’articolo 120-duodecies (Valutazione dei beni immobili) del D.lgs. 21 aprile 2016 n. 72, recependo le osservazioni ricevute - da parte di varie associazioni che operano in campo immobiliare - in risposta alla consultazione pubblica avviata da Banca d’Italia a settembre del 2016, riguardante le suddette disposizioni.

La modifica richiesta era finalizzata a rendere più chiara la previsione che “Il soggetto che effettua la valutazione dell’immobile tiene conto dei valori contenuti nella banca dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle entrate”.

È stato infatti osservato che tale formulazione poteva essere interpretata come una disposizione secondo la quale è sufficiente fare riferimento ai valori indicati dell’OMI al fine di determinare il valore di mercato di un bene immobile.

Il testo è stato dunque modificato precisando che i valori contenuti nella banca dati dell’OMI dell’Agenzia delle entrate possono esse-re anche tenuti in considerazione ai fini di un riscontro orientativo della valutazione, non potendosi basare la valutazione, in via principale ed esclusiva, sui valori OMI.

È invece oggettivamente evidente che la disposizione di cui all’articolo 120-duodecies, comma 3, del TUB - “La Banca d’Italia detta disposizioni di attuazione del presente articolo, tenendo anche conto della banca dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle entrate” – conduce a un corretto utilizzo della banca dati OMI, in quanto finalizzato al monitoraggio delle variazioni delle condizioni di mercato che possono comportare una diminuzione significativa del valore degli immobili e quindi rendere necessaria la rivalutazione degli immobili stessi.

Va pure detto che, nel corso degli ultimi venti anni, sono state emanate svariate norme e circolari da parte di enti pubblici che, avendo per fini istituzionali la necessità di valutare il loro patrimonio immobiliare, hanno fatto riferimento alle quotazioni OMI, prevedendo un uso dei valori pubblicati dall’Osservatorio non sempre coerente con le sue finalità.

Tali valutazioni hanno comportato a volte l’insorgere di contenziosi che, inevitabilmente, hanno coinvolto anche l’Osservatorio, fonte dalla quale i valori dovevano essere tratti. In genere, i ricorrenti lamentavano, tra le altre cose, l’errata determinazione dei valori o canoni locativi di unità da essi condotte, ar-rivando addirittura a richiedere anche l’abolizione dell’Osservatorio.

É il caso, ad esempio, di conduttori di unità commerciali demaniali per le quali la quantificazione del canone demaniale avveniva sulla base dei criteri stabiliti dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296, comma 251 art. 1, che ha modificato il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 - Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, prevedendo, in particolare, che “per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare per la zona di riferimento……Qualora i valori dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare non siano disponibili, si fa riferimento a quelli del più vicino comune costiero rispetto al manufatto nell'ambito territoriale della medesima regione”.

Nei contenziosi generati dall’attuazione di questa specifica previsione normativa, i ricorrenti, ritenendo spropo-sitati i canoni imposti dalla norma, citavano in giudizio anche l’Osservatorio dell’Agenzia delle entrate, lamentando che la valutazione OMI relativa alle locazioni di immobili commerciali risultava «manifestamente errata e non corrispondente all’effettivo e reale andamento del mercato».

L’Agenzia, nelle memorie difensive opposte in giudizio, ha sempre dimostrato la correttezza delle proprie elaborazioni per la determinazione degli intervalli dei canoni locativi, evidenziando la natura e la finalità dei dati dell’OMI.

Da tali controdeduzioni quindi emerge indirettamente che il loro utilizzo, secondo i criteri stabiliti dalla norma, probabilmente non risultava del tutto coerente, rispetto alla finalità dei dati pubblicati.

Infatti, anche per le locazioni, il riferimento alle quotazioni OMI nell'ambito del processo estimale può fornire indicazioni di valori di larga massima: solo attraverso la stima puntuale elaborata da un tecnico è possibile rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e efficace l'immobile e motivare il valore del canone da attribuire al bene medesimo. Inoltre, essendo la zona OMI una porzione continua del territorio comunale che riflette un comparto omogeneo del mercato immobiliare locale, la previsione normativa di ricorrere alla quotazione OMI del più vicino comune costiero, in assenza della quota-zione nella zona di ubicazione dell’immobile, avrebbe potuto generare un effetto significativamente distorsivo sul valore da determinare.

Se, infatti, non fosse verificata l’omogeneità nei caratteri posizionali, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici degli insediamenti, nonché nella dotazione dei servizi e delle infrastrutture urbane dei comuni limitrofi considerati in sostituzione, è evidente che i valori immobiliari corrispondenti non avrebbero potuto che essere diversi.

Del resto, l’esistenza di zone omogenee nel territorio comunale per le quali non sono rilevate quotazioni per talune tipologie edilizie è giustificata dal fatto che esse risultano prive o quasi di unità immobiliari per quella tipologia, ovvero nelle quali non risulta significativa la dinamicità del mercato immobiliare.

Con l’intento di sanare probabili distorsioni generatesi nella determinazione dei canoni per gli immobili riguar-danti le imprese balneari pertinenziali, è intervenuto proprio di recente il Decreto rilancio - D.L. 14 agosto 2020, n.104, che ha modificato completamente la citata previsione normativa, abrogando il riferimento ai canoni pubblicati dall’OMI.

In ogni caso, si ritiene in generale che, ai fini della stima del valore di mercato di uno specifico immobile, sia preferibile evitare l’applicazione di criteri “automatici” poiché, anche ricorrendo all’ausilio di prestabiliti coeffi-cienti moltiplicatori, potrebbero trascurare il contributo di specifici aspetti tecnici dell’immobile oggetto di stima, incidenti in modo significativo sulla determinazione del suo valore.

Per rendere fondato un giudizio di stima è infatti indispensabile riferirsi a dati noti e illustrare il percorso logico che ha condotto alla sua espressione.

Per questo motivo, si renderebbe comunque più attaccabile e discutibile una valutazione basata su criteri semplifi-cati di calcolo automatico.

Avvalorano questa tesi i numerosi contenziosi sorti, ad esempio, nell’ambito della dismissione e della determinazione dei canoni di occupazione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa, svolti secondo le disposizioni regolamentari fornite dal decreto del Presidente della Repubblica n. 90/2010. Quest’ultimo stabilisce che la Direzione generale del Ministero determina con decreto dirigenziale, d'intesa con l'Agenzia del demanio, il prezzo di vendita degli alloggi oggetto di alienazione, oltre al canone di occupazione per gli alloggi di servizio.

Per la determinazione di tali valori, il criterio di calcolo è stato basato sulle quotazioni OMI distinguendo due diverse modalità: laddove sono disponibili le relative quotazioni immobiliari, si fa riferimento alla zona di ubicazione dell'unità immobiliare relativamente all'epoca della stima e alla tipologia residenziale di interesse; se invece non sono disponibili le quotazioni immobiliari OMI nella zona in cui è ubicata l'unità immobiliare oggetto di valutazione, si fa riferimento alla tipologia residenziale di interesse, ma in altra zona contigua, sempre relati-vamente all'epoca della stima.

In particolare, per la determinazione dei canoni locativi, in caso di mancanza assoluta di quotazioni relative alla zona di ubicazione dell'alloggio e alla tipologia residenziale di riferimento, il canone base di locazione doveva essere riferito alla media dei canoni di locazione rilevati nelle zone OMI contigue.

Nei numerosi ricorsi originati dall’applicazione dei suddetti criteri, le doglianze di alcuni ricorrenti hanno riguar-dato l’errato calcolo del prezzo di vendita degli alloggi tramite l’utilizzo delle quotazioni OMI (più alte) di una zona e non quelle (più basse) di un’altra molto prossima al punto di ubicazione dell’edificio; altri hanno contestato il riferimento a quotazioni per abitazioni civili, relativamente a fabbricati che presentano caratteristiche economiche contrastanti con la categoria catastale attribuita dall’amministrazione proprietaria; in altri ricorsi ancora, si lamenta che per la determinazione del canone si faccia riferimento ai soli valori unitari forniti dall’OMI, senza rilevazione di canoni di mercato.

Inoltre, la previsione, in base alla quale, in mancanza assolu-ta di valori di riferimento relativi alla zona di ubicazione dell'alloggio e alla tipologia residenziale di riferimento, il canone base di locazione doveva essere riferito alla media dei canoni di locazione rilevati nelle zone contigue, può indubbiamente generare maggiori perplessità sulla fondatezza del valore determinato.

Al di là degli esiti dell’ampio contenzioso creatosi, appare dunque evidente quanto possa essere rischioso prevedere in direttive e disposizioni il ricorso a procedimenti di calcolo automatico dei valori immobiliari, basati sui valori medi delle quotazioni OMI (o di qualunque altro “borsino”), seppure opportunamente elaborati con coefficienti moltiplicatori che tengano conto di alcune delle caratteristiche dell’immobile oggetto di stima.

Con riferimento alle attività interne all’Agenzia, se si esamina il contenzioso tributario, emerge purtroppo che, a volte, è capitato di utilizzare in modo non corretto le quotazioni OMI anche nello svolgimento delle attività condotte dalla stessa Agenzia delle entrate per l’accertamento della base imponibile per cessione di immobili, finalizzate a recuperare l’evasione sulle imposte derivanti dalla compravendita di un immobile.

Al riguardo, oltre a diverse sentenze pronunciate da alcune Commissioni Tributarie Regionali fin dal 2012, si è espressa la Corte di Cassazione con una prima sentenza del 2015, alla quale poi ne sono seguite altre dello stesso teno-re.

In sostanza la Suprema Corte, riprendendo peraltro quanto chiaramente espresso dalla stessa Agenzia in merito, si è pronunciata sui valori pubblicati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle entra-te, confermando che le quotazioni OMI possono essere prese in considerazione per individuare un valore presunto e che sono idonee solamente a “condurre ad indicazioni di valori di larga massima” (Cassazione n. 25707/2015).

Sullo stesso tema la Suprema Corte si è ancora espressa con la Sentenza n. 21569/2016 “le stime dell'OMI sono meri valori presuntivi” e con l’Ordinanza n. 20378/2017 “il riferimento alle stime effettuate sulla base dei valori OMI …… non è idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile tenuto conto che il valore può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico nonché lo stato delle opere di urbanizzazione (Cassazione n. 18651/2016)”.

Hanno seguito tale orientamento giurisprudenziale della Cassazione anche le tante successive sentenze di Commissioni Tributarie Regionali e Provinciali, che hanno ribadito in questi ultimi anni il principio secondo il quale le quotazioni OMI sono elaborazioni statistiche che non possono essere utilizzate come prova esclusiva del valore, rappresentando “solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale”.

I giudici di legittimità hanno affermato che, in materia di imposte derivanti dalla compravendita di immobili, l’ufficio fiscale che deve accer-tare il valore venale in comune commercio cui applicare la conseguente tassazione, nel determinare la base imponibile, deve considerare la natura, la consistenza e l’ubicazione dei beni, oltre che le caratteristiche dell’immobile.

In ultimo, la Suprema Corte, conformemente ad un orientamento costante, con l’Ordinanza n.13992/2019, ha inteso chiarire ancora che le quotazioni OMI, non costituiscono fonte tipica di prova ma, semmai, strumento di ausilio e indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, ha ribadito, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, sono idonee solamente a "condurre a indicazioni di valori di larga massima".

La rettifica del prezzo di vendita di un immobile non può quindi essere certamente motivata avendo come unico parametro di riferimento la quotazione OMI di zona, ma per la comparazione devono essere considerati prezzi rilevati per immobili similari a quello oggetto di accertamento, trasferiti non oltre il triennio precedente alla data dell’atto in esame, o comunque debbono essere forniti altri elementi di prova.

Per le stime fiscali, dunque, la giurisprudenza di merito degli ultimi anni è costante nell’affermare che le elabo-razioni dell’OMI esprimono valori medi, da integrare con altri elementi in possesso dell’Ufficio ovvero che emergono a seguito di contraddittorio, onde provarne la corrispondenza al valore del bene accertato e quindi non possono, da sole, assolvere ad un fondamento della motivazione di merito in ordine all’accertamento di un maggior valore venale.

La Corte, di fatto, ha chiarito che un atto di contestazione fondato esclusivamente sui valori OMI non può ritenersi fondato sotto il profilo motivazionale e, in difetto di ulteriori elementi forniti dall'Agenzia delle entrate, non può indicare congruamente il valore venale in comune commercio del bene.

D’altra parte, l’orientamento consolidato della giurisprudenza sulla rilevanza probatoria dei valori OMI è da sempre sostenuto e più volte ribadito dalla stessa Agenzia delle entrate in diverse comunicazioni di servizio e circolari.

In particolare, già in una circolare del 2007 veniva evidenziato - riguardo al riferimento ai valori indicati nella banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’allora Agenzia del territorio - che “le predette indicazioni non devono essere assunte quale unico fondamento della rettifica del valore dichiarato in atto, ma possono essere utili per l’avvio di più approfondite analisi sulla base di altri elementi disponibili o acquisibili mediante un corretto utilizzo dei poteri di controllo.”.

E ancora, in altra circolare del 2012, era stato precisato che “le quotazioni OMI – ed in particolare il «valore normale» determinato sulla loro base – rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale in comune commercio, per cui dovranno essere integrate anche dagli ulteriori elementi comunque in possesso dell’ufficio o acquisiti tramite il contraddittorio con il contribuente”.

In seguito, veniva sottolineato che il valore venale non va determinato in rapporto esclusivo ai valori OMI, in quanto occorre fare sempre riferimento ai criteri stabiliti dall’art. 51 del DPR n. 131/86. In ultimo, in una circolare del 2016, nel richiamare le corrette modalità istruttorie da percorrere per determinare il valore venale di un immobile, veniva dichiarato che “le quotazioni OMI - pur costituendo un punto di riferimento importante perché derivanti da puntuali analisi del mercato immobiliare -rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale in comune commercio, per cui dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso dell’ufficio o acquisiti tramite l’attività istruttoria.”.

Nell’ambito dell’accertamento fiscale, un utilizzo senza dubbio più appropriato dei valori OMI, coerente con la finalità dell’attività da svolgere da parte degli uffici fiscali dell’Agenzia, può essere invece effettuato ad esempio selezionando gli atti da sottoporre a controllo in base allo scostamento esistente tra il valore dichiarato nell’atto e i valori OMI pubblicati all’epoca di riferimento, dopo avere individuato una soglia di scostamento ritenuta critica.

Testo tratto dall'allegato Quaderno dell’Osservatorio - Appunti di Economia immobiliare Anno IX – Numero unico – Dicembre 2020

E' facile desumere come sia, in ogni caso estimativo, utile quindi riferirsi a veri prezzi di compravendita puntualmente riscontrabili tramite il servizio di RicercaCompravendite.it

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