L’elemento riguardante lo scostamento del prezzo di vendita rispetto ai valori OMI - asseritamente trascurato dalla CTR - non valeva a rendere fondata la pretesa fiscale, dato che, “nell’ipotesi di contestazione di maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili, la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi dell’art. 24, comma 5, della L. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), che ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv. in L. n. 248 del 2006, non impedisce al giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purché dotato dei requisiti di precisione e di gravità, elemento che non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di presumptio de presumpto” (da ultimo, Cass. 2155/2019).

Così la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 29878 del 30 dicembre 2020 (in allegato), rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e la condanna a rifondere le spese di giudizio che liquida in 4.000,00€.

 

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