Le banche di credito cooperativo italiane si stanno preparando a uno degli esami più delicati della loro storia. La Banca d’Italia, su indicazione della Banca centrale europea, sta preparando un’operazione di comprehensive assessment, che include un asset quality review (Aqr) e gli stress test, che si dovrebbe tenere entro il secondo semestre di quest’anno o al massimo all’inizio del 2018. Nella sostanza si tratta di un esame mirato sulla qualità di crediti di queste banche, in vista della costituzione dei grandi gruppi destinati ad assorbirle entro il prossimo anno. Il test servirà nella sostanza a verificare la qualità degli asset dei gruppi - che allo stato attuale dovrebbe essere tre, tra Iccrea, Cassa centrale banca e il gruppo altoatesino -e dunque la loro effettiva stabilità. Una volta che le Bcc daranno vita ai gruppi questi, per le dimensioni dell’attivo patrimoniale che raggiungeranno, diverranno soggetti vigilati dalla Bce ed è per questo motivo che la vigilanza europea chiede l’Aqr, come di norma avviene per tutte le banche che fanno questo passaggio. Per le Bcc, però, ci sono almeno un paio di ragioni che rendono più complesso e delicata la transizione.
La Banca d’Italia sta valutando in queste settimane come organizzare la ispezioni per realizzare questo esame. L’orientamento, condiviso anche dal sistema del credito cooperativo, sarebbe quello di svolgere una disamina a livello aggregato, per poi focalizzandosi sulle banche maggiori e sui casi più problematici. In questo contesto si si è inserito, però, l’approccio del Fondo monetario, che il mese scorso ha cominciato a puntare la sua attenzione anche sugli Npl delle banche non sistemiche e dimensioni minori, che sfuggono dunque alle regole prudenziali imposte dalla normativa europea alle banche vigilate dalla Bce. La linea del Fondo sarebbe quella di condurre un Aqr capillare su tutte le 310 Bcc. Un’operazione di questo tipo rischia di avere tempi molto lunghi e costi elevati. Ma il tema di fondo, inoltre, resta la necessità di mantenere il principio della vigilanza proporzionata alla rischiosità: le piccole banche non possono generare conseguenze sistemiche, oltre al fatto che il credito cooperativo in ogni caso disponde comunque di mezzi per prevenire le crisi, come il fondo obbligatorio temporaneo. Il tema, dunque, è tutto aperto e le modalità con cui sarà realizzato questo test sui crediti delle Bcc al momento è ancora un’incognita.
Nel frattempo, in ogni caso, il sistema non intende farsi trovare impreparato e la pressione per aumentare le coperture sui crediti, esercitata in particolare dalle federazioni sulle varie banche, è forte. L’obiettivo è quello di portare la copertura sulle sofferenze dal 57,9% di fine 2016 a oltre il 60%; sugli unlikely to pay dal 29,5% a oltre il 30 per cento. I dati a fine 2016 registrano per il sistema del credito cooperativo sofferenze nette lorde per 13,6 miliardi e sofferenze nette per 5,7 miliardi. Va ricordato, comunque, che il 64,4% del totale dei crediti deteriorati delle Bcc è coperto da garanzie reali a fronte del 51,1% del resto dell’industria bancaria.
Anche la candidate capogruppo si stanno facendo i loro conti seppure, per avere una definizione più chiara del perimetro finale che potrebbero raggiungere Iccrea e Ccb forse, bisognerà attendere metà giugno. Iccrea dovrebbe contare su adesioni di almeno 160-170 banche, per un attivo patrimoniale di 124 miliardi e un patrimonio di gruppo stimato tra 15 e 16 miliardi. Iccrea può contare su un patrimonio proprio di 1,7 miliardi, di cui il capitale libero è pari a circa 500 milioni. Secondo le prime stime elaborate dal management, quel capitale dovrebbe risultare ampiamente capiente per assorbire eventuali svalutazioni di crediti nell’ambito del gruppo che dovessero rendersi necessarie a seguito dell’Aqr e degli stress test. Il Cet1 del gruppo alla fine del processo, in ogni caso, dovrebbe risultare superiore al 15 per cento.
Fonte: ilsole24ore